La ricerca artistica di Dan Halter (1977, Zimbabwe. Vive e lavora in Sud Africa) guarda a tematiche relative all'attualità post coloniale, ai confini politici, alla migrazione e all'instabilità economica di alcuni paesi dell'Africa meridionale, come lo Zimbabwe.
Il suo lavoro, ricco di rimandi simbolici, conta numerosi riferimenti alla politica internazionale, al neocapitalismo, oltre che alle difficoltà legate alla situazione occupazionale ed economica in Zimbabwe. Halter usa materiali strettamente correlati alle situazioni che vuole portare alla luce, spesso connessi a usi popolari: carta fatta a brandelli, elenchi telefonici, buste di plastica e banconote diventano mezzi operativi densi di significato. Anche i detti popolari, insieme agli oggetti del quotidiano, entrano a far parte della sua pratica artistica, assumendo connotati metaforici ambivalenti, strettamente connessi alle situazioni politico economiche che l'artista porta alla luce.
Z $ 5 Billion Agro-Cheque è parte di un corpus di opere in cui la rappresentazione di valute correnti nasce dalla riflessione intorno al loro uso quotidiano; Halter fa riferimento a cartamoneta e titoli di credito utilizzati nel paese d'origine per raccontare fenomeni come l'inflazione, la svalutazione massiccia, la crisi economica. Adotta una tecnica presente nella maggior parte dei suoi lavori, messa a punto insieme a Bienco Ikete, rifugiato congolese, che consiste nel ricomporre un'immagine intrecciando strisce di carta stampata o banconote, secondo lo stesso metodo che le persone utilizzano per produrre borse e ceste. I brandelli di carta stampata sono ricomposti a formare l'immagine di un titolo di credito dello Zimbabwe, normalmente utilizzato per acquistare beni relativi al settore agricolo (si tratta, per l'appunto, di un "agro-cheque", originariamente utilizzato solo nel settore agricolo, ma progressivamente entrato a far parte di una circolazione economica più ampia). Il titolo ha una data di scadenza che lo differenzia dalle normali banconote, e la gente cerca di spendere questo tipo di crediti più velocemente possibile a causa di oscillazioni economiche che possono svalutarli molto rapidamente.
Lo stesso tipo di intreccio piatto con cui ricostruisce l'immagine ingrandita della banconota caratterizza le buste di plastica che spesso ritornano nel lavoro di Halter; conosciute come "borse cinesi", recentemente chiamate "borse zimbabwesi" e, nell'Africa occidentale, borse "Ghana Must Go" (indicando l'espulsione forzata, nel 1983, di immigrati ghanesi dalla Nigeria), queste borse cambiano nome in ogni paese, relativamente ai fenomeni migratori che le riguardano; in Germania sono chiamate "Türken Koffer", ai Caraibi sono definite come le Samsonite dei guianesi, nel Regno Unito sono conosciute come "Bangladeshi Bag" e in Sud Africa "Shangaan o Zimbabwe Bag". La texture tartan che le contraddistingue, ironicamente vicina quella scozzese, porta Halter a giocare su questa relazione in Furry Boots ye fae? (Whereabouts are you from?), nata durante una residenza a Dufftown, in Scozia, nel 2010. Queste borse, attraverso uno slittamento metonimico, incarnano le migrazioni a cui sono connesse: in Rifugiato - Mappa del mondo (2019) sono ricucite a formare una mappa del mondo in cui le aree interessate dall'emigrazione sono consunte, mentre quelle caratterizzate dall'immigrazione sono praticamente nuove.
Le mappe geografiche dello Zimbabwe, che Halter riproduce intrecciando a mano strisce di carta, sono spesso connesse ai problemi sociali che l'artista vuole sottolineare: del 2007 è Space of AIDS, una mappa delle aree rurali del paese, costituita dai brandelli di un elenco telefonico, mentre del 2019 è Z$ 4,358,055, un'altra mappa delle regioni agricole dello Zimbabwe, interamente costituita da banconote, la cui somma nasconde un messaggio cifrato.
Caratterizzano la ricerca di Halter l'attenzione ai confini politici, l'uso di materiali "concreti", prelevati dalla realtà, con cui istituisce parallelismi continui, l'intreccio come medium prediletto - denso di valori semantici - e un certo interesse per i linguaggi convenzionali, esplicitato nelle rappresentazioni di mappe e segni propriamente linguistici. A fronte di prospettive lontane, una suggestione: la poetica di Halter sembra dialogare con quella di un maestro dell'arte italiana come Alighiero Boetti, attraversando idealmente distanze geografiche e temporali.
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